Mary Poppins Returns (USA|2018|130′)
Regia: Rob Marshall
Sceneggiatura: David Magee, David Magee , John DeLuca , basato sui racconti di P.L. Travers
Cast: Emily Blunt (Mary Poppins), Lin-Manuel Miranda (Jack), Ben Whishaw (Michael Banks), Emily Mortimer (Jane Banks), (John Banks), Pixie Davies (Anabel Banks), Joel Dawson (Georgie Banks), Julie Walters (Ellen), Meryl Streep (cugina Topsy), Colin Firth (Wilkins), David Warner (Ammiraglio Boom), Jim Norton (Binnacle), Angela Lansbury (signora dei palloncini), Dick Van Dyke (Mr. Dawes Jr.)
Genere: musical, fantastico, Disney per Natale
Trama: Londra, durante la grande depressione (1930). La casa di viale dei Ciliegi 17 è da sempre abitata dalla famiglia Banks. Il capofamiglia è ora un ormai adulto Micheal, ex pittore, ora impiegato della Banca dove lavorava anche il padre George, che si barcamena come può per crescere i tre figli, i gemelli Anabel e John ed il piccolo Georgie. Non mancano la burbera governante Ellen, anche lei non più nel fiore degli anni, che combina più pasticci di quanti riesca a risolverne, e Jane Banks, la sorella di Micheal, una sindacalista che si occupa dei diritti degli operai sottopagati e dà una mano al fratello e ai suoi bambini da quando i piccoli hanno perso la madre circa un anno prima. Quando la Banca decide di pignorare la casa dei Banks, ecco piovere dal cielo la tata volante, in soccorso della famiglia che aveva già aiutato in passato, accolta da Jack, un lampionaio che da piccolo faceva lo spazzacamino insieme a Bert.
Quando sei adulto e ti dicono che faranno il seguito di uno dei film più iconici della tua infanzia, ti senti un po’ combattuto tra l’inebriante curiosità di scoprire come sarà e l’inquietante sensazione che faranno una cagata grossa come quella del triceratopo di Jurassic Park. Restando il più possibile positivi e cercando di non pensare al peggio, decidi quindi, con un certo entusiasmo, di andare al cinema per vedere se “Il ritorno di Mary Poppins”, per quanto a prescindere non potrà mai essere un capolavoro come l’originale, sia comunque un film piacevole e meritevole di essere riguardato più e più volte. Ebbene no, non lo è, ora vi spiego i motivi.
A SEGUIRE CI SONO ALCUNI SPOILER
La storia in sé, l’ambientazione, i personaggi, non sono affatto male. Ci sono grossi parallelismi col passato (Jane è un’attivista per i diritti così come lo era la madre suffragetta, Michael è costretto a lavorare nella stessa banca del padre e ha poco tempo per stare coi figli), molti richiami e anche personaggi che ritornano (tra tutti il mitico Ammiraglio Boom, ormai molto vecchio ma sempre sul pezzo a sparare ogni ora col suo cannone), e questo piace ai fans, perché quello che uno vuole da un seguito è proprio scoprire come la storia è continuata. I piccoli Banks sono diventati adulti, conservando le caratteristiche che Mary Poppins aveva misurato in loro col suo metro magico (Michael Banks: estremamente ostinato e sospettoso, Jane Banks: incline al riso e disordinata); la loro vita è andata avanti, tra responsabilità e dispiaceri, in un periodo storico non proprio facilissimo, ma si ritrovano sempre in quella stessa casa in cui sono cresciuti, aiutandosi l’un l’altra. I tre figli di Michael, soprattutto i due gemelli, sono inizialmente ben lontani dall’ingenua spensieratezza che caratterizzava il padre e la zia alla loro età. Avendo perso la madre devono saper badare a loro stessi e alla casa mentre il padre lavora, addirittura anche alla vecchia governante Ellen che ormai è un po’ squinternata. L’arrivo di Mary Poppins serve dunque a riportare la gioia nelle loro vite, ma anche ad aiutare il Michael adulto a superare le difficoltà con l’aiuto della sua famiglia.
Fin qui sembra tutto ok, c’è anche Jack, che fa il lampionaio e ci guida per Londra in sella alla sua bicicletta, cantando come da tradizione.
Ma, fermi tutti!
E’ inutile rimandare l’inevitabile, perché fin dal primo minuto di film, il grosso, grossissimo, enorme, pachidermico, pillolone amaro, che neanche una betoniera di zucchero ti aiuterà a mandar giù per due ore e dieci minuti sono proprio le canzoni e i numeri musicali. Non fraintendetemi, a me i musical piacciono, i musical Disney poi hanno una lunga tradizione di eccellenza e li apprezzo anche adesso che sono adulta. Per esempio conosco gente che non riesce a guardare Frozen perché “oh ma questi cantano sempre!” (grazie al cavolo), ma quelli sono gusti; io dopo aver sentito Let it go la prima volta non me la sono tolta dalla testa per mesi credo. Consideriamo poi che Mary Poppins resta ad oggi uno dei musical più famosi di sempre, in scena nei teatri di tutto il mondo, che la colonna sonora ha raggiunto la prima posizione nella classifica Billboard 200 per 14 settimane ed è stata vincitrice di un Oscar, un Golden Globe e di un Grammy Award nel 1965. Ma più di questo, le canzoni e le musiche di Mary Poppins sono delle pietre miliari, che tutti conoscono, che non ti escono dalla testa, e che ancora oggi tutti canticchiano e fischiettano. Si sentono accennare due o tre volte durante questo sequel e già ti viene da sorridere.
Peccato che.
Tornando a questo film, vi posso assicurare che uscita dalla sala già non mi ricordavo più come faceva la melodia principale della colonna sonora, figuriamoci quelle delle varie canzoni, non parliamo poi degli incomprensibili e contorti testi, con rare e stiracchiate rime. Qui sicuramente la traduzione ha avuto il suo peso (avranno usato il traduttore di google?), dovrei sentirle in inglese per capire se le frasi sono più scorrevoli e suonano meglio, ma vi posso garantire che l’abisso che divide questi pezzi da Supercalifragilistichespiralidoso, Un poco di zucchero e la pillola va giù, Cancaminin lo spazzacamin, Com’è bello passeggiar con Mary, beh l’abisso è incolmabile e mi piange il cuore a dire che ho davvero faticato a non andarmene prima della fine. A dare man forte alla scarsa qualità di queste scene ci pensano poi i disegni animati che hanno solo un vago accenno al classico stile Disney, ma molto meno curati nei dettagli, i balletti esagerati e quei lampionai che fanno evoluzioni sui pipe in sella a delle mal camuffate bmx in giro per Londra. Dovevano essere i nuovi spazzacamini, ma il risultato è molto, molto meno efficace, la canzone assolutamente assurda e, a tratti, tendente al rap. NON CI SIAMO!
Parliamo ora di Mary Poppins.
Julie Andrews si è rifiutata di fare un cameo nel film, per dare giustamente spazio ad Emily Blunt e permetterle di non venire adombrata dall’ingombrante eredità dell’originale. Purtroppo di ingombrante qui c’è anche l’ego, già notevole ed ora smisurato, del personaggio di Mary.
Praticamente perfetta sotto ogni aspetto.
Ok, ammettiamolo non è mai stata tanto umile, ma qui le volte che si guarda nello specchio e in vari oggetti riflettenti non si contano, inoltre Mary Poppins sapeva assolutamente stare dentro le righe. Mi spiego meglio. Lei porta i bambini dentro i disegni, gli fa prendere il thè sul soffitto, li fa ballare sui tetti dei palazzi, poi però lascia che siano loro insieme ai genitori a giungere alle conclusioni, a risolvere i loro problemi senza strani incanti magici, sa sempre quando fare un passo indietro e lasciare spazio ai veri protagonisti della storia, i Banks. Qui invece entrano nel disegno, si mette a cantare e ballare con Jack, con una parrucca da cabaret oscena, colori che fanno male agli occhi, e quasi si dimentica di tenere d’occhio i bambini che si ritrovano in pericolo; la cosa è assolutamente impensabile, così come i personaggi animati “cattivi” che non rientrano proprio nei canoni del primo film. Poi ogni volta che si trovano in difficoltà le chiedono un aiuto “magico” e lei risponde semplicemente “Perché no?!” con un’insopportabile aria compiaciuta di chi non teme di mettersi in mostra.
Mi dispiace per Emily Blunt, che sicuramente è una brava attrice, ma non riesco a trovare in lei quell’aria un po’ severa ma rassicurante che dovrebbe avere Mary Poppins. Per cercare di addolcire queste amare considerazioni mi basta per fortuna pensare agli altri bravissimi attori che mi hanno dato qualche piccola gioia, rendendo i momenti recitati del film assai più gradevoli.
Julie Walters dà il volto alla mitica governante brontolona Ellen, personaggio che già conoscevamo dal primo film e che fa praticamente parte della famiglia. Bellissima la scena in cui Mary Poppins sale le scale seduta come di abitudine sul corrimano, e lei la saluta come se l’avesse vista il giorno prima invece che vent’anni fa.
Tra i personaggi nuovi abbiamo Jack il lampionaio, erede morale di quell’immenso Bert che fu Dick Van Dyke, interpretato da Lin-Manuel Miranda. Per chi non lo conoscesse è il creatore del famosissimo musical di Broadway “Hamilton”, ispirato alla vita di Alexander Hamilton, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. Miranda è anche un compositore, tant’è che ha partecipato alla colonna sonora di “Star Wars: Il risveglio della Forza” ed è stato candidato all’Oscars nel 2017 per “How far I’ll go”, come miglior canzone originale tratta dal film Disney “Oceania”. Colin Firth interpreta l’avido nuovo direttore della Banca, Wilkins, e doppia in originale anche uno dei personaggi animati; Meryl Streep è una fantastica stralunata cugina Topsy, un personaggio dall’accento vagamente russo, colorata ed eccentrica, che sicuramente dà del brio alla pellicola; meravigliosa anche Angela Lansbury, che appare alla fine del film come venditrice di palloncini. Infine colui per il quale (quasi) vale la pena arrivare fino in fondo, l’unico e meraviglioso Dick Van Dyke, che torna negli invecchiati ma sempre arzilli panni del banchiere Dawes (jr. però) e per pochi minuti capiamo cosa ci siamo davvero lasciati alle spalle.
In conclusione “Il ritorno di Mary Poppins” mi ha lasciato alcuni bei momenti e tanta insoddisfazione, penso che non comprerò mai l’home video e continuerò a godermi il vecchio film come ho fatto finora.
Voto di Crisididentità: 2 neanche un chilo di zucchero basta a mandar giù la pillola su 5
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