13 Reasons Why (USA, 2017-2020)
Creatore: Jay Asher (libro), Brian Yorkey
Cast: Katherine Langford (Hannah), Christian Navarro (Tony), Justin Prentice (Bryce), Devin Druid (Tyler), Miles Heizer (Alex), Jillian Nordby (Amanda), Dylan Minnette (Clay), Alisha Boe (Jessica), Brandon Flynn (Justin), Ross Butler (Zach), Amy Hargreaves (Lainie Jensen), Derek Luke (Mr.Porter), Kate Walsh (Mrs. Baker)
Genere: Dramma adolescenziale, Giallo, Thriller
Stagioni: 1 (13 ep.), 2 (13 ep.), 3 (13 ep.), 4 (10 ep.)
Conosciuta come Tredici, o più globalmente 13 Reasons Why (scritta TH1RTEEN R3ASONS WHY), è stata la proposta Netflix del 2017, che ha riscosso una critica enormemente positiva. Tratto dal romanzo “13” di Jay Asher del 2007, parla del suicidio di una ragazza e della sua eredità. Un thriller adolescenziale, vietato ai minori di 14 anni, che va diretto alla mente dello spettatore e ti pone davanti a tematiche socialmente importanti, come il rapporto padri e figli, ma primo fra tutti il bullismo.
E’ difficile che un minore colga realmente le sfumature drammatiche di questa serie e la reale minaccia che, in fin dei conti, tutti subiamo nelle scuole; ma sebbene ci sia un elevato contenuto di sfiga in questa storia, senza dubbio il peso e la responsabilità delle azioni di ogni protagonista hanno un ruolo centrale.
Responsabilità. Ecco un altro tema di cui sentiremo parlare spesso, un problema con cui i giovani d’oggi non si sono ancora approcciati, ed un problema che graverà come un macigno su di loro col passare del tempo.
Io stesso, che sto qui seduto a scrivere su questa serie, mi sento in dovere di dire quanto sia esagerato ma al tempo stesso attuale questo punto.
Hannah Baker, studentessa di un liceo di una cittadina americana, si toglie la vita. Nessuna lettera ai genitori, nessun motivo particolare di cui qualcuno fosse a conoscenza. Alcuni giorni dopo la sua morte, Clay Jensen riceve un pacco con delle audiocassette. Quando le ascolta sente una voce e queste parole:
“Ciao, sono Hannah. Hannah Baker. Esatto. Non smanettate su qualunque cosa stiate usando per ascoltare. Sono io. In diretta e stereo. Nessuna replica, nessun bis e questa volta assolutamente nessuna richiesta. Mangia qualcosa e mettiti comodo, perché sto per raccontarti la storia della mia vita. Anzi, più esattamente, il motivo per cui è finita. E se tu hai queste cassette, è perché sei uno dei motivi.”
Pelle d’oca eh?
Ogni puntata, una cassetta. Ogni cassetta, destinata ad un personaggio. Ogni personaggio, un errore che porta sempre di più Hannah verso il suicidio.
Proprio questa è la trovata (o il Gimmick se vogliamo) che porta avanti la serie. Un intreccio mozzafiato che sembra perdere il ritmo a volte, ma poi ristabilisce l’equilibrio sbattendoti in faccia puntate veramente “pesanti” in termini visivi.
A parer mio è un incrocio tra il meccanismo su cui regge Twin Peaks, il tipo di adolescenzialità di Scream, e quella sfumatura depressiva che appare in quello straordinario videogioco Life is Strange.
L’alternanza tra il passato ed il presente è ben gestita, ma a volte quasi non capisci la differenza, se non dal colore della fotografia, laddove il passato, più luminoso e colorato, è in netto contrasto con quel filtro blu del presente, che spegne i colori come voler rappresentare lo stato d’animo del protagonista. Le musiche sono poi in una categoria a sé…eccezionali.
“Tredici” è una serie completamente da scoprire, di cui innamorarsi e contro cui arrabbiarsi, che vi lascerà spiazzati e se anche non vi entrerà nel cuore come a me, di certo qualcosa in voi cambierà.
Tutta questa magia finisce, mio malgrado alla prima stagione. Le successive tre, purtroppo, non hanno mantenuto il ritmo a cui la serie ci aveva inizialmente abituato.
La seconda stagione si basa tutta sul processo per la morte di Hannah, puntando l’obiettivo sulla classica “seconda campana”, ovvero la versione dei protagonisti di questa storia. Deludente e monotona, anche se per fortuna sul finale si riprende e vale l’intera stagione.
La terza stagione invece si focalizza su un’altra morte ancora, palesando un’ assurda redenzione che cozza completamente con il personaggio costruito nelle due precedenti stagioni. Decisamente fuori senso e tramutata in una specie di Pretty Little Liars dei poveri, che nulla ha a che vedere con l’idea iniziale del progetto.
Nella quarta ed ultima stagione c’è un’ennesima trasformazione. La conclusione finale, porta gli sceneggiatori a non aver altro da dire, quindi dopo il totale collasso della stagione precedente, cercano di tornare sui loro passi esasperando la dose di drammaticità, focalizzandosi sulla pazzia di Clay e finendo con un altro funerale per uno dei protagonisti.
La serie, totalmente disponibile su Netflix, è quindi un fallimento?
Sì e No.
Sicuramente non ha sempre saputo mantenere la delicatezza e la spontaneità degli inizi e ha dato spazio a tante, sin troppe tematiche, finendo per non avere più argomenti. D’altro canto ha esaltato il potere dell’amicizia, portandoci a piangere la mancanza di qualcuno che abbiamo conosciuto molto bene nel corso delle puntate.
“Tredici” è una parabola sul bullismo e i bulli, sulla violenza ed il violentatore, sulla pazzia mista a depressione e sulla rinascita quando si riesce ad ottenere il controllo della propria vita. Si potrebbe forse definire una serie sulla “richiesta d’aiuto”.
Per cui mi rivolgo a tutti voi che avete bisogno di parlare, di sfogarvi, tutti voi che avete bisogno di farvi sentire, non esitate a chiedere aiuto.
Non aspettate l’ultimo momento.
Come disse un tale risorto dalla morte “Non può piovere per sempre“.
Fatevi aiutare.
In conclusione, salvo solo la prima stagione.
Voto Bat-fiz: 3 fazzolettini pieni di lacrime su 5
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